Intervista a Thomas Figliolia, vicedirettore di sala a Casa Perbellini
di Gaia Soleri
Storie e Interviste | Del 22/05/2025 |

LA VOCE DELLA SALA. Giovane, determinato e ambizioso, si è conquistato un importante ruolo a Casa Perbellini - 12 Apostoli (Verona), inseguendo l’eccellenza con umiltà e visione. Thomas Figliolia, classe 1999, vercellese, è il nuovo vicedirettore di sala. Ha il sorriso giusto per ogni servizio, in sala porta ritmo ed entusiasmo alla squadra. Sempre grato ai suoi mentori. Il suo stile personale lascia il segno, anche senza riflettori. Nella sua vita tutto sembra succedere per caso, ma non è così.
Le risposte di Thomas Figliolia, vicedirettore di sala a Casa Perbellini - 12 Apostoli, Verona
Com’è la tua vita da Perbellini?
Sono a Casa Perbellini da soli quattro mesi e mi trovo già molto bene con il gruppo di lavoro. Affianco il direttore di sala Roberta Ciriolo e dall’arrivo della terza stella Michelin, molte cose sono cambiate. Le mie mansioni sono ancora in divenire. Lavoro tante ore, dalle 10 del mattino, e devo curare tutto nei minimi dettagli, come è giusto in un contesto di questo livello. Conciliare la vita privata non è semplice, ma da poco lo chef Perbellini ha introdotto un nuovo orario di apertura: dal martedì al sabato a pranzo. Avere il fine settimana libero è un sogno per chi fa questo mestiere. Ci tengo a dire che, ogni giorno, in sala porto me stesso: un prolungamento della mia persona con tutta la mia emotività positiva.
Come gestite i tempi di servizio in modo così preciso?
Siamo 24 persone, tutte molto giovani. Questo aiuta a creare un’atmosfera rilassata e affiatata. La comunicazione fra sala e cucina è costante. Il segreto per garantire tempi di servizio ideali? Saper far girare tutti gli ingranaggi nella stessa direzione, in modo da perfezionare il meccanismo cucina-sala a dovere. Ognuno di noi deve comprendere il proprio ruolo all’interno della squadra e imparare a farlo evolvere.
Mi descrivi il tuo periodo di formazione?
Un ringraziamento speciale va all’istituto alberghiero di Trino (nel vercellese), che mi ha dato la possibilità di fare stage importanti fin dal secondo anno. A 15 anni ho trascorso due mesi al Grand hotel Royal e Golf di Courmayeur: proprio lì ho capito che avrei voluto intraprendere il percorso di sala. Poi sono arrivati altri stage al ristorante Del Cambio di Torino e all’hotel Excelsior Palace di Rapallo. Una settimana dopo la maturità è arrivata la svolta: mi hanno preso come commis alla Locanda del Sant’uffizio (chef Enrico Bartolini), dove sono diventato chef de rang in due anni.
Come proseguono le tue esperienze professionali dopo Bartolini?
Per caso ho conosciuto l’assistente del restaurant manager di Piazza Duomo ad Alba e riesco a entrare come commis. In un anno e mezzo sono diventato chef de rang di un tristellato! Lì ho vissuto un’esperienza formativa intensa, lavorando con Chef Enrico Crippa e il direttore di sala Vincenzo Donatiello: una vera palestra con tantissime ore al giorno. A 23 anni ho iniziato con entusiasmo una nuova avventura da Lino a Pavia come maître, insieme al mio amico fraterno Mirko Chiora, sommelier. In pochi mesi, siamo riusciti a ottenere la stella Michelin (poi riconfermata l’anno successivo): eravamo la sala stellata più giovane d’Italia. Mirko è stato mio compagno di scuola e anche di carriera in varie occasioni.
Durante l’estate mi sono dedicato a uno stage indimenticabile in Spagna, al Quique Dacosta. Un’esperienza meravigliosa, sotto ogni aspetto. Tornato in Italia, sono rientrato alla Locanda del Sant’uffizio (2 stelle) come secondo maître. Ma sentivo che era il momento di ripartire. Ed ecco che mi arriva un messaggio con una proposta importante: Casa Perbellini mi voleva. E io ero pronto per una nuova sfida.

Cosa ha significato per te entrare nel mondo Perbellini?
A prescindere dalle stelle Michelin, ho trovato un’azienda che mi piace molto: persone con voglia di lavorare e fare squadra, un ambiente sano e costruttivo. Credo sia un luogo ideale per crescere e nei prossimi mesi avrò modo di scoprirlo meglio. Giancarlo Perbellini non è solo il grande chef che tutti conoscono: lui è anzitutto una bella persona, sempre rispettosa degli altri (anche in situazioni di stress) e un grande punto riferimento per la squadra. Quando mi ha assunto mi ha detto: “L’esempio è il migliore insegnamento”. Per me è una frase chiave.
Come definiresti la tua ambizione?
Cerco sempre qualcosa di nuovo da scoprire e attendo che mi accada l’inaspettato. Anche nei giorni più difficili non mollo, perché voglio raggiungere altri traguardi. Lo faccio per me stesso. Credo anche nell’improvvisazione, molto presente nella mia vita. Molte cose, infatti, sono arrivate per caso … o forse per destino.
Hai un mentore che vorresti citare?
Sì, Francesco Palumbo, il direttore di sala che mi ha fatto crescere tantissimo prendendomi sotto la sua ala e instaurando con me un rapporto umano speciale e sincero. A lui devo molto, soprattutto il senso di dedizione nonostante il sacrificio.
Cosa pensi del quasi anonimato in cui resta il personale di sala?
Credo che anche in sala si possa emergere. Del resto, tu mi hai scelto per questa intervista a fine servizio, dopo un pranzo a Casa Perbellini. Qualcosa ti avrò trasmesso, no? Secondo me l’esposizione mediatica, a tutti i livelli, andrebbe modulata in base alla persona, che sia chef o maître. Non tutti devono diventare personaggi televisivi.
Chi sono i migliori in sala a livello europeo?
Per quanto ho potuto vedere, direi Francia e Spagna, dove c’è tanta bella emotività. In Italia abbiamo un grande potenziale, talvolta inespresso per le condizioni di lavoro non sostenibili in alcune realtà, fuori dal mondo stellato. Serve aria nuova.
Cosa non funziona nel settore della ristorazione?
Dal mio punto di vista, manca una formazione adeguata agli standard alti. I ragazzi dovrebbero conoscere sia la realtà della trattoria sia quella del fine dining o stellato per poter essere pronti a entrare in questo mondo. Il lavoro di sala va rispettato e soprattutto va insegnato con passione. Il settore è spesso sottovalutato e bistrattato, sia dal punto di vista dei dipendenti sia del ristoratore.
A soli 25 anni, Thomas Figliolia dimostra come talento, determinazione e spirito di squadra possano aprire le porte delle grandi cucine, anche in sala. Con umiltà e visione, costruisce il suo percorso un passo alla volta, facendo dell’esperienza il suo vero motore. Il futuro dell’ospitalità passa anche da figure come la sua: consapevoli, appassionate, pronte a mettersi in gioco senza perdere l’autenticità.
In pillole
Scopriamo la determinazione e la visione di un giovanissimo vicedirettore di sala, che ha costruito il suo percorso fra stage, grandi Maestri e passione per l’accoglienza. Thomas Figliolia regala emozioni, gesti puntuali e tanti sorrisi agli ospiti di Casa Perbellini.