Il gusto dei suoni in cucina: ricette onomatopeiche dall’Italia al mondo
di Chiara Di Paola
Tips | Del 25/08/2025 |

La cucina è un dialogo tra i sensi: non solo gusto e olfatto, ma anche vista e udito vengono stimolati. E proprio dal suono delle preparazioni deriva il nome di molte ricette onomatopeiche. E’ così che a tavola arriva la concretezza di ciò che accade ai fornelli, tra padelle che “sfrigolano”, sughi che “pippiano” per ore, ingredienti che scoppiettano o fanno crunch! Un viaggio sonoro e gustoso che arriva dall’Italia fino all’Indonesia e al Giappone.
Pasta da schiaffi e chicchi dalla Liguria alla Campania
Formato oversize di pasta campana, i paccheri o schiaffoni di Napoli fanno rumore mentre cuociono, durante la mantecatura con burro e formaggio e persino quando vengono trasferiti nel piatto. Il suono ricorda quello di uno schiaffo dato a mano aperta e il nome deriva infatti dal greco antico πας (tutto) e χειρ (mano), a indicare la forma fuori misura di ogni pezzo.
Fra le ricette più rinomate da provare almeno una volta nella vita ci sono i Paccheri alla Vittorio, preparati al ristorante Da Vittorio di Brusaporto (BG) dallo chef Chicco Cerea, che li condisce con un sugo ottenuto mixando diversi pomodori per bilanciare dolcezza e acidità, e li manteca a fuoco spento direttamente in sala, davanti ai clienti, con abbondante burro e Parmigiano giovane (max 22 mesi). A Napoli, invece, vale la pena una sosta al ristorante Innovative - spin off dello storico 'A figlia d'o Marenaro - dove lo chef Giuseppe Scicchitano ha ideato la ricetta dei Paccheri ai Tre Crostacei (astice, scampi, gamberoni) conditi con pomodorini del piennolo, aglio, olio e basilico.
Un altro formato onomatopeico è lo Scucuzzun (o scucuzzù), che a dispetto del suono meridionale, è di origine genovese. Il termine, ormai in disuso, si riferisce alla grandine e, per associazione onomatopeica, è utilizzato per indicare un tipo di pasta simile alla fregola, tradizionalmente utilizzato per il minestrone alla genovese e altri tipi di minestre. La forma tondeggiante e la durezza della pasta ricordano i chicchi di ghiaccio caduti dal cielo.
La rivisitazione nostrana del cous cous (conosciuto dai genovesi grazie ai traffici marittimi con il Maghreb e l’Oriente) ebbe un tale successo che divenne una ricetta a sé, ancora oggi servita in alcuni ristoranti del capoluogo ligure, come Zimino (nel minestrone) e La nuova cuciniera genovese (in versione asciutta con gamberi e carciofi).
Ricette onomatopeiche italiane
Il Gurguglione elbano nasce come piatto povero e deve il suo nome al gorgoglío delle verdure che sobbollono in pentola. Si tratta infatti di uno stufato contadino a base di prodotti stagionali dell’orto – soprattutto zucchine, melanzane, peperone verde, patate - consumato da contadini e minatori (che per secoli hanno estratto ferro sull’isola toscana) a pranzo con pane e formaggio. Oggi questa versione isolana della ratatouille francese o delle nostrane cianfotta e caponata è servita (calda o fredda) soprattutto come contorno per carne e pesce, o come condimento per le bruschette di antipasto. Ogni famiglia ha la sua ricetta, ma non mancano rivisitazioni creative come la versione invernale del gurguglione, ideata nel 2013 dallo chef Fabio Picchi nel suo ristorante Cibrèo di Firenze, con carciofi, cardi, cavolo nero, cipollotti e “tonnina” elbana (pancia di tonno sotto sale).
Tra i ristoranti che ancora servono la versione originale - talvolta con il nome spagnoleggiante di “gaspaccio” - sull’isola d’Elba: Da Cipolla a Rio nell'Elba e Osteria Locanda Cecconi a Porto Azzurro.
Cif e ciaf (o ciffi e ciaffe) è un'espressione dialettale onomatopeica che richiama il suono della carne cotta nel paiolo. È un secondo piatto tipico della tradizione rurale abruzzese a base di maiale (spuntature, guanciale e pancetta), rosolato con olio e cipolla, sfumato con vino bianco e cotto come uno spezzatino, tipicamente servito con pizza di granoturco e vino rosso.
Nelle varianti molisana e marchigiana della ricetta si utilizza il pollo ruspante (U gallucc’ ciff e ciaff o ‘ncip e ‘nciap), cotto lentamente in sugo di pomodoro con erbe aromatiche e vino bianco. In questo caso, le espressioni dialettali “ciff e ciaff” e “‘ncip e ‘nciap” rimandano tanto al suono del coltello che taglia la carne, quanto al significato di “fatto alla buona”, ovvero a una cucina povera semplice - che solo nelle occasioni di festa prevedeva il più pregiato agnello. Tra i luoghi in cui gustare questo piatto (chiamato anche “la sfritta”) ci sono l'Agriturismo Aia verde di Pizzoferrato (Chieti), l’home restaurant Confraternita del Cif e Ciaf a Rosciano (Pescara) e l'Osteria Ophis a Offida (Ascoli Piceno).
Lo sciarscidd, ricetta tradizionale materana legata al periodo pasquale, è uno stufato di agnello con uova. Il riferimento onomatopeico è da ricercare nella ripetizione del suono "sci", che in molte zone di Lucania e Calabria è legato a qualcosa di fluido, avvolgente e morbido, proprio come la salsa ottenuta durante la preparazione di questa ricetta.
Trattandosi di un piatto tipicamente pasquale, non è facile trovare u’sciarscidd nei menù dei ristoranti della zona. Fra i locali di Matera, suggeriamo: Ristorante 900 Casa Taccardi, Ai Palmenti, Kapunto.
La pasta alla picchio pacchio (“picchi pacchiu”) è una ricetta estiva siciliano, tipica della tradizione palermitana. La ricetta è molto semplice ed è paragonabile a una rivisitazione della classica “arrabbiata”, con l’aggiunta finale di una generosa spolverata di provolone grattugiato e prezzemolo fresco. Il nome vorrebbe evocare lo sfrigolio dei pomodori aggiunti nell’olio caldo, ma non mancano interpretazioni più licenziose che, coerentemente con la piccantezza e la piacevolezza del piatto, alludono alla voce dialettale “u pàcchiu”, riferita all’organo genitale femminile.
Per gustare la ricetta reinterpretata in pizzeria: Pikki Pakki a Monreale propone il condimento in tre versioni come farcitura della pizza, con ingredienti quali cacio ragusano, stracciatella di bufala, nocciole, speck.
La salsa moresca … Taratatà, nata in Sicilia al tempo della dominazione araba, è un sugo semplice dal gusto esotico, inventata dai marinai. Gli ingredienti sono un mix di prodotti autoctoni e importati dagli invasori: pasta, bottarga di tonno, acciughe, cannella, cui poi si aggiunsero arancia, pinoli, e “muddica atturrata” (mollica di pane abbrustolita).
La salsa moresca è stata ribattezzata Taratatà dallo chef stellato Ciccio Sultano, patron del ristorante Duomo di Ragusa Ibla, nella sua versione del 2018: spaghettoni di grano siciliano con bottarga di tonno rosso artigianale, succo di carote crude, pesto di erbette limoncine, sambuco e rosa canina.
Il riferimento onomatopeico “Taratatà” deriva da un termine dialettale che richiama il cozzo ripetuto delle spade nelle feste popolari di Scicli.
Tra i locali in cui gustare questa ricetta c’è anche aLevante a Ortigia, che la propone con spaghettoni quadri di grano grosso, alga kombu, bottarga di tonno, katsuobushi, carota, pinoli, colatura di alici di Cetara, mollica, sarde, zucchero di canna.
Ricette onomatopeiche internazionali
- Il Bangers and mash è un piatto tipico di Regno Unito e Irlanda a base di salsicce e patate schiacciate grossolanamente e amalgamate con burro, latte (o panna) e spezie. Le sue origini risalgono alla Prima guerra mondiale, quando la carenza di carne spingeva i produttori di salsicce ad aumentarne il volume aggiungendo una quantità eccessiva di acqua, tale da provocarne lo scoppio durante la cottura. Proprio da questo “bang!” deriva il nome della ricetta. Oggi è servito in molti pub nelle varianti di maiale (con la salsiccia tradizionale del Cumberland), agnello o manzo, con aggiunta di piselli e cipolle fritte.
- Lo Shilpildoq (o Shilpildak) è uno stufato contadino di carne e verdure servito con pasta fatta in casa, tipico di Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan. L’onomatopea richiama il suono dell’acqua che bolle.
- I Biang biang noodles sono un formato di pasta cinese, nata nella provincia dello Shaanxi: larghi spaghetti battuti sul tavolo prima di essere stirati a mano. Il nome riproduce proprio il colpo sonoro della pasta battuta con forza.
- Shabu shabu: preparazione giapponese (di origine cinese) che consiste nell’immergere carne, verdure, funghi e tofu tagliati sottili in brodo dashi bollente, all’interno di un contenitore chiamato donabe. È un piatto conviviale con cottura degli alimenti a centro tavola. Il termine Shabu shabu riproduce il fruscio degli ingredienti immersi nel liquido caldo. Tra i rari luoghi in cui gustare questa preparazione in Italia ci sono i ristoranti giapponesi Osaka a Milano e Hamasei a Roma.
Snack onomatopeici: il croccante Kerupuk indonesiano
Kerupuk è il nome di uno snack indonesiano tradizionale: un tipo di cracker croccante, tradizionalmente preparato con un impasto a base di amido di tapioca o riso, unito a ingredienti aromatici come gamberetti, aglio, verdure o spezie. L'impasto viene cotto a vapore, tagliato a fette sottili, essiccato al sole e poi fritto in olio bollente per ottenere la sua consistenza leggera e croccante. Il suo nome, derivato dal giavanese krupuk (fiocco croccante), è ispirato al suono prodotto quando qualcosa di croccante si rompe, scrocchia sotto i denti. Il kerupuk udang è lo snack chiamato “nuvola di drago”, leggero cracker di gambero, snack tipico della cucina asiatica.
In pillole
Alla scoperta dei suoni che diventano ricette in cucina. Cibi onomatopeici: dai paccheri “schiaffoni” di Napoli, allo “shabu shabu” giapponese, ai noodles cinesi “biang biang”, fino alle croccanti nuvole di drago. Curiosità su paste e ricette dai nomi evocativi, fra chicchi di ghiaccio, gorgoglii elbani e sughi sfrigolanti.